Sito nato il 16 marzo 2006                                                                                                                                                                   Pagina aggiornata: sabato 13 settembre 2008


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40° Parallelo - Radio Eurosound - Roma 1976

    Un programma di Franco Mauro


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 Serata con Pino Daniele

 

40° Parallelo con Pino Daniele del 2/11/76

    Parte prima

40° Parallelo con Pino Daniele del 2/11/76

    Parte seconda

Quel venerdì sera non prometteva niente di buono. Del resto neppure i dieci giorni precedenti avevano  garantito un granché. Cominciavo a diffidare anche del futuro

Erano le sei del pomeriggio di una giornata umida come la mano di un usuraio.

La mattinata era scivolata via come l’acqua dello scarico del lavello, trascinandosi via i fondi del caffè e la solita dose di sconforto.

Pensai alla serata che dovevo affrontare: un’altra trasmissione di musica italiana.

Di solito assolvevo il compito con relativo entusiasmo, (del resto nessuno mi costringeva a farlo), anche se lo stress era insopportabile e la paga infame come un politico corrotto (quale paga?!? Quale stress? – N.d.r.), ma il riscontro del pubblico compensava la fatica (ragazzi! Non immaginate quante pupe si potevano conoscere via etere!).

Questa volta però, proprio non mi andava, ma non potevo tirarmi indietro Era uno sporco lavoro,  lurido ed ingrato… ma qualcuno doveva pur farlo.

Mentre accendevo contemporaneamente la trentesima MS della giornata e la radio, inchiodata sui 103.900 Mhz (maledizione!  ancora “Dediche”, come stamattina!),  continuava a frullarmi per la testa la stessa domanda che mi ponevo da giorni: perché diavolo il “Nobile Indeciso” (F. Conteduca - N.d.r.) aveva avuto quella pessima idea: ospitare all’interno del mio “40° Parallelo” tal … come avevano detto che si chiamava?… ah, sì,  “Pino Daniele”, promettente (?) giovane cantautore napoletano.

P. Daniele: chi era costui?

La mia trasmissione, rigorosamente dal vivo, navigava serena con frequenza settimanale già da parecchio tempo e non era mia abitudine accettare pressioni editoriali o politiche, ospitando musicisti raccomandati da chicchessia.

Vi stupireste se elencassi tutti i nomi che, nonostante le pressioni delle case discografiche, furono respinti dal programma, specializzato in musica italiana, per lo più cantautori.

(Qualcuno ricorda artisti del calibro di: Lucio B. da Poggiobustone, Claudio B., Francesco De G. e Antonello V. da Roma, Lucio D. da Bologna, Edoardo B. da Napoli; ma forse è solo una leggenda metropolitana - N.d.r.)

...P. Daniele… mah!

L’unica traccia sonora del soggetto, appena pubblicata, risultava essere “CA’ CALORE”, un 45 giri.

(N.d.r. 45 giri: supporto musicale in vinile, dalla forma piatta e circolare – diametro circa 20 cm.- di colore solitamente nero, con un grosso foro al centro, appositamente creato per essere inserito nel lettore specifico – il “giradischi”- recante un’etichetta cartacea al centro, ove erano riportante i dati registrati quali:  titolo, autori e Casa discografica.

Poteva contenere addirittura quasi cinque/sei minuti di musica per ciascun lato)

Il disco (che avrebbe dovuto preludere ad un album di imminente uscita), era da noi eurosoundini tragicamente conosciuto perchè quel disgraziato di Davide (Del Bufalo – N.d.r.) lo trasmetteva ossessivamente e quotidianamente come introduzione (non sigla) dei suoi programmi demenziali.

Il motivo era in napoletano, orecchiabile, dignitoso ma niente di più.

…Daniele (“Giuseppe”? In arte “Pino”?)…chissà…

Unico aspetto positivo, che immaginavo potesse ravvivare il programma, era la possibilità di fargli suonare qualche canzone dal vivo, strimpellata alla chitarra.

Per la radio sarebbe stata una novità e al “Conte” e al Giampa (Gian Paolo Giovannone, il “direttore dei programmi” –N.d.r.) un discografico sciroccato aveva garantito la bravura e disponibilità del Daniele.

Ciò nonostante ero nervoso, pessimista ed anche un po’ irritato (la super senza filtro che stringevo fra le dita mostrava  evidenti segni di essersene accorta: era diventata una “Turmac”).

Una rapida doccia non migliorò l’umore e neppure la successiva sigaretta riuscì nell’intento.

Spensi la sigaretta e la radio (ancora “Dediche”, porca vacca! Peggio della “Disco” di Babayaga!).

Mi vestii rapidamente, infilai le vecchie Clarks, afferrai la mia fedele “Teller” del ’71 (chitarra classica prodotta in Germania – N.d.r.) e uscii di casa bofonchiando.

Per poco, sul pianerottolo, non travolsi quel balordo del mio dirimpettaio che senza tanti complimenti e senza aspettare le mie scuse, mi mandò all’inferno.

L’ ascensore non mi portò così in basso.

Uscii al piano garage e stavo dirigendomi verso la Porsche verde quando ricordai: ACC! Era in officina per il solito maledetto problema di carburazione. Dovetti adattarmi alla 127 bianca di famiglia, e anche questa seccatura non contribuì a sollevarmi lo spirito.

…Niente lasciava presagire una buona serata…

Accesi il motore della potente Fiat contemporaneamente ad una “Presidente” ed all’autoradio (non vi dirò che cosa stavano trasmettendo! Maledetti!), ingranai la prima sgommando e mi diressi verso l’EUR.

Il tragitto era breve e non impiegai più di venti minuti, compresa la sosta per comprare le sigarette, per arrivare agli studi di Via Paolo di Dono.

Non ricordo se spensi prima la radio, la sigaretta o il motore (forse contemporaneamente),  ma una volta accertatomi che nessuno dei tre dava segni di vita, uscii dall’auto e salii all’ultimo piano.

Entrai assaporando un’inconfondibile profumo di Muratti misto a Marlboro, salutando con un gesto i compari musicali presenti.

A quell’ora regnava la consueta irrefrenabile inattività (perfino le dediche si erano afflosciate come un soufflé venuto male) e la luce rossa che indicava che nel locale adiacente qualcuno di noi stava facendo in diretta il suo sporco lavoro, sembrava dare segni di stanchezza, affievolendosi ad intermittenza di tanto in tanto, come se chiedesse  pietosamente un aiuto a farla finita.

La lasciai sadicamente agonizzare mentre aprivo il fodero della chitarra e afferravo l’ultima sigaretta del secondo pacchetto della giornata.

Erano ormai le otto passate, il programma doveva iniziare alle nove e non si vedeva ancora nessuno degli ospiti.

Non potevo fare altro che fumare per ingannare l’attesa, perciò accesi una Camel.

D’un tratto sentii un inconfondibile odore di rosticceria e vidi entrare il “Conte”, con un sacchetto in mano, insieme a due ragazzi dall’aria dimessa e trasandata. (se fossero esistiti all’epoca gli stilisti D. & G. avrei detto che fossero i loro modelli preferiti).

Mi chiesi se l’odore provenisse davvero dal sacchetto.

Quel vecchio marpione del capo aveva portato, nell’ordine: P. Daniele, il suo “produttore” (tal Claudio Poggi) e una scorta alimentare a base di supplì e pizza al taglio. Mai che mi portasse una stecca di “Chesterfield” per passare meglio la serata!

Evidentemente, i nostri ospiti non avevano avuto tempo di cenare alla “Pergola” dell’Hilton come facevano solitamente tutti gli altri invitati (No comment! – N.d.r.).

Io, che avevo mangiato un boccone prima di uscire (se così si possono chiamare sei etti di fiorentina sposati - per interesse -  ad un “Nobile” (questo sì!) di Montepulciano), dopo le presentazioni di rito, rimasi a guardarli mangiare con ingordigia, discutendo con loro rapidamente l’atteggiamento da tenere durante la trasmissione.

Il fedele Stef Little Richard (Stefano Ricciardetto – N.d.r.), tecnico del suono e della consolle, prendeva mentalmente appunti.

Non so per quale motivo mi stavo pian piano rilassando, e sospettavo che non fosse merito dell’ennesima MS.

Daniele risultava simpatico, alla mano, e in un attimo pareva magicamente che  ci frequentassimo da sempre.

Forse, pensai, il programma non sarebbe venuto male (sempre che sapesse suonare e cantare alla meno peggio).

Le “prove” durarono ben cinque minuti.

Stabilimmo la strategia da seguire: avremmo fatto ascoltare le canzoni dell’album in uscita (avevano portato una cassetta delle sue registrazioni in studio alla EMI) alternandole ad esibizioni dal vivo, con intervallate chiacchiere che avrebbero presentato i singoli pezzi (semplice e geniale, lo so).

Quel che successe poi ha dell’incredibile, ma forse non tanto…

Pino iniziò a suonare ancor prima di andare in onda, per scaldarsi e provare la chitarra.

Sfoggiò una padronanza e una scioltezza incredibile, ma non fu quello a sorprendermi.

Quello che in realtà mi colpì profondamente – e qui divento serio – (finalmente! – N.d.r.) furono le sue canzoni, il suo talento musicale e la poesia dei suoi testi; la sensibilità nel proporre storie ed immagini quotidiane, semplici e vere. La freschezza  e “normalità” di un ragazzone sconosciuto,  di appena 20 anni,  che cantando in napoletano trasmetteva emozioni nuove.

Davvero nuove.

Pezzi come “Napul’è”, “Terra mia”, “Cammina cammina”, eseguite dal vivo in un piccolo studio come se fossimo tra pochi amici, credetemi fu un’epifania.

Man mano poi che trascorrevano i minuti, io, di solito sicuro e disinvolto al microfono (mah?), mi sentivo realmente emozionato e coinvolto nelle atmosfere delle sue canzoni, al punto di confondermi.

Del resto, purtroppo o per fortuna… è tutto registrato…

Una cosa è certa: dall’ascolto delle trasmissione si poteva intuire chi sarebbe diventato un musicista dal talento riconosciuto e chi poteva tranquillamente evitare di proseguire la carriera di D.J.

A mezzanotte era tutto finito, così come le sigarette.

Stava per iniziare un sabato nuovo.

Da quel momento, sentivo che qualcosa era irrimediabilmente cambiato…

Sarebbe stata la stessa di ieri la mia vita di domani?

Oggi, dopo trent’anni, potrei darvi la vera risposta...  ma la storia da raccontare sarebbe maledettamente lunga, troppo lunga, e adesso, …

sono senza sigarette. A risentirci fra trent’anni, fratelli. Spero che allora il tempo non avrà troppo scalfito i vostri sogni come la vostra pellaccia.

Il vostro vecchio compare di musica

Franco Mauro

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